Una scelta di portata storica, alla quale seguiranno altri passi altrettanto importanti. Padre Amedeo Cencini, 71 anni, formatore, psicologo e psicoterapeuta canossiano, componente del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori presieduto dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, interpreta con chiarezza l’importanza della decisione di papa Francesco di abolire il segreto pontificio sui casi di abuso sui minori, violenza sessuale e pedopornografia commessi dai chierici. «Come ha detto l’arcivescovo Charles Scicluna – commenta il religioso – si tratta di una scelta di portata storica che va nella linea dei documenti precedenti e soprattutto del summit in Vaticano dello scorso febbraio. In generale la nuova normativa rende più coerente e lineare il sistema disciplinare che la Chiesa si sta dando. Direi che dobbiamo aspettarci nuove disposizioni normative in questa direzione».
Quali sono i punti più rilevanti dell’Istruzione papale “Sulla riservatezza delle cause”?
Sono quattro. Anzitutto questa nuova interpretazione - definizione che preferisco ad abolizione - del segreto pontificio impedisce di utilizzarlo come un ostacolo all’informazione giusta. La finalità della norma è questa, senza scendere nei dettagli. Prima c’erano troppi impedimenti all’accertamento della verità in materia di abusi sessuali da parte del clero. Penso ad esempio alla buona fama dell’ecclesiastico accusato o al perdono in qualche modo imposto alla vittima per coprire tutto. Secondo, questa norma che si collega al motu proprio Vos estis lux mundi del maggio 2019 ribadisce quella che è la stella polare di tutto il cambiamento normativo proposto dal Papa: il bene dei bambini e dei ragazzi, degli adolescenti (con l’estensione dell’età fino a 18 anni) e delle persone vulnerabili deve sempre venire prima del segreto, anche di quello pontificio.
Una sottolineatura importante...
Estremamente importante. Il loro bene è il vero elemento che motiva questi cambiamenti. Ma anche il terzo punto è fondamentale. La nuova normativa, infatti, facilita la collaborazione con le autorità civili. Significa che le denunce, le testimonianze, i documenti processuali relativi ai casi di abuso contenuti in Vaticano come pure negli archivi diocesani e fino ad oggi sottoposti a segreto pontificio potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiederanno. Indubitabilmente è un segno di apertura, trasparenza, disponibilità alla collaborazione che faciliterà l’intesa tra Stato e Chiesa nella gestione di questi casi.