SERVIZIO NAZIONALE PER LA TUTELA DEI MINORI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le università cattoliche e le istituzioni accademiche ecclesiastiche necessitano di un codice etico?

In tutti i contesti educativi, compresi quelli universitari, la prevenzione degli abusi è divenuta una priorità
10 Gennaio 2025

Estratto da VIVENS HOMO
Rivista semestrale di Teologia e Scienze religiose
della FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA CENTRALE
Anno XXXV – 2024, n. 1
vivenshomo@teofir.it

La crisi degli abusi che la Chiesa cattolica sta affrontando e ha dovuto affrontare negli ultimi anni ha avuto, al di là del grave scandalo suscitato, come importante e utile conseguenza quella di indurre un cambiamento culturale. In tutti i contesti educativi, compresi quelli universitari, la prevenzione degli abusi è divenuta una priorità. Non solo nei confronti degli abusi sessuali, ma di qualsiasi forma di abuso di autorità, da quello fisico a quello psicologico, a quello spirituale. Negli ambiti educativi, d’altra parte, è inevitabile che si generi una condizione di sbilanciamento di potere a favore dei formatori e dei docenti, verso i discenti. Anche quando questi ultimi non sono dei minori. Tale disequilibrio deve essere costantemente tenuto sotto controllo e vigilato affinché non si superino mai i limiti deontologici e professionali legati al ruolo educativo rivestito. È dunque importante conoscere e riconoscere tali limiti. Un codice etico e forse, ancora di più, un vero e proprio codice di norme di condotta in grado di definire adeguatamente i possibili casi di molestie sessuali o morali nell’ambito delle attività accademiche, appare uno strumento imprescindibile per la maturazione della coscienza dei confini da non valicare nell’esercizio del proprio ruolo. Non sempre ciò che in linea di principio può suonare deontologicamente ovvio, risulta tale anche alla luce dell’esperienza. Sappiamo, ad esempio, da una ricerca svolta in Italia circa dieci anni or sono, mediante un questionario anonimo rivolto a più di 600 studentesse universitarie, che una ragazza su tre ha sentito la pressione «a essere carina» all’esame per ottenere un voto migliore; il 5% ha riferito di allusioni di carattere sessuale in sede di esame e il 3% ha affermato di aver subito un ricatto sessuale da parte di un docente. Probabilmente si tratta di dati che sottostimano il fenomeno e che non tengono conto di tutte quelle forme di abuso di potere manifestate anche semplicemente da mancanza di rispetto, maltrattamenti, favoreggiamenti o sfruttamento e mobbing da parte dei docenti verso i discenti o gli altri colleghi. (Stefano Lassi – Gianni Cioli)