Nel giorno del trentesimo anniversario della Convenzione, il 20 novembre, dichiarato dall’Onu Giornata universale del Bambino, 60 anni fa, le Nazioni Unite approvarono anche la Dichiarazione universale dei Diritti del Fanciullo.
A questi anniversari l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dedica una tavola rotonda, a Palazzo Borromeo a Roma. Intervengono, introdotti dall’ambasciatore Pietro Sebastiani, monsignor Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Emanuela Claudia Del Re, vice ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio Nazionale Tutela Minori della CEI, e Orazio Moscatello, del Movimento dei Focolari.
Vatican News ha chiesto a monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia e presidente del Servizio Nazionale Tutela Minori della CEI, come è applicata in Italia la Convenzione.
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"C’è un impegno generale da parte degli organismi deputati, ci sono delle buone linee guida, però mi sembra che sul territorio manchi ancora una vera cultura che contrasti l’abuso, le violenze, e più in generale i maltrattamenti verso l’infanzia, ma anche verso l’adolescenza - ha detto Mons. Ghizzzoni - . C’è un lavoro da fare a livello di base, dei ragazzi stessi, nelle scuole, nelle famiglie".
Il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia nelle sue osservazioni all’Italia raccomanda di non discriminare i minorenni stranieri non accompagnati e quelli appartenenti a minoranze. Su questo c’è ancora molto da fare?
R. – Certo, in Italia ne sono arrivati tantissimi negli anni passati, e anche le ultime migrazioni sono state caratterizzate da una percentuale alta di minori non accompagnati. Ragazzi e ragazze che se non sono presi a carico da qualcuno spesso diventano più vulnerabili e in balia delle organizzazioni malavitose o comunque sono abbandonati e quindi a rischio dal punto di vista della salute e del loro inserimento nella società.
La Chiesa italiana ha fatto il suo con l’approvazione a maggio, da parte della Cei, delle linee guida sulla tutela dei minori, chiedendo un cambio di cultura ai cattolici italiani. A che punto siamo?
R. – E’ stato questo il nostro impegno, a partire dalla richiesta che Papa Francesco ha fatto a tutte le conferenze episcopali del mondo, in questo 2019, a febbraio, con un grande summit di tutti i presidenti delle conferenze episcopali e degli istituti religiosi. Noi abbiamo approvato delle linee guida che danno indicazioni a tutte le diocesi affinché istituiscano la figura di un referente diocesano, possibilmente un esperto competente, laico o religioso, donna o uomo, che possa supportare il vescovo nell’attività di promozione di una cultura nuova che tutela il minore, il piccolo, da tutte le forme di maltrattamento, di abuso. Il Papa lo ha specificato in tre tipologie: abuso di potere, abuso di coscienza e abuso sessuale. Tutte e tre devono essere contrastate già a livello culturale, prima ancora di trovare i modi per reagire e per reprimere i reati che possono essere commessi in questo campo. Reati che pure vengono commessi, in una percentuale superiore a quella che è la percezione comune della gente.
Nella vita concreta dei nostri gruppi parrocchiali, le linee guida per il comportamento degli operatori pastorali proposte dal Papa chiedono di “usare prudenza e rispetto nel relazionarsi con i minori”, vietano di “infliggere castighi corporali di qualunque tipo” e “chiedere ad un minore di mantenere un segreto”. Norme di correttezza morale che vanno comunque ribadite…
R. – Noi abbiamo stilato delle linee guida generali che sono principi generali che compartano una conversione nella vita della Chiesa, mettendoci dalla parte delle vittime e non da quella di chi può aver abusato. Poi abbiamo dato delle norme concrete per reagire di fronte ai casi di violenza quando accadono, e infine abbiamo preparato dei protocolli concreti nei quali vengono date indicazioni proprio per le parrocchie. Sono tante le norme che cerchiamo di far entrare nella vita quotidiana come appunto quelle di rispettare i minori in tutte le loro attività, nelle loro caratteristiche, nella loro corporeità e di riconoscere quello che loro possono fare, dando loro la giusta autonomia senza entrare nell’intimità di questi ragazzi. Si cerca di controllare gli educatori, i catechisti, coloro che hanno più a che fare, ogni giorno, con i ragazzi, compresi anche i genitori, che devono essere aiutati. Dato che la stragrande maggioranza di questi abusi avviene in casa, anche i genitori devono essere aiutati, avvertiti e anche formati perché siano loro stessi a proteggere i figli o i minori e a tutelarli da interventi dall’esterno.
C’è poi la nuova sfida della tutela dei minori sul web…
R. – Oggi la rete può catturare moltissimi ragazzi, dai dieci, undici anni, in poi, che sono spesso al cellulare per ore, tutti i giorni, e lì possono trovare persone che cercano di farseli amici, di convincerli, di sedurli, di agganciarli. C’è il problema delle foto, che loro fanno con molta spontaneità, e purtroppo possono girare ed essere utilizzate, i messaggi… La rete rappresenta oggi uno dei luoghi principali nei quali si deve fare prevenzione, e forse dobbiamo chiedere in modo più forte a coloro che gestiscono la rete, di creare delle forme di controllo e di protezione nei confronti dei minori, perché sono davvero delle prede facilmente catturabili.